Elmetti

Fino a qualche anno fa, le Fiere di Milano e Francoforte si spartivano ruoli ben delineati. Si andava a Milano per respirare l’aria che tira, per vedere le ultime tendenze, le cose più trendy.  E si andava a Francoforte per documentarsi sugli ultimi ritrovati della tecnica, sulle ultime soluzioni messe a punto dall’industria.  Di qua il design, di là la tecnica; noi con la forma, loro con la sostanza.

Per un po’, Francoforte aveva stentato a riscattarsi dalla immagine di Hannover, la fiera di cui aveva raccolto l’eredità. Chi ha fatto in tempo a visitarla, prima dell’era Francoforte, ricorderà il profilo di Ermes, trasfigurato nel rude operaio del logo di quella fiera, che col suo cappello alato a fargli da elmetto sintetizzava magnificamente quell’approccio tutto teutonico.

Questa tacita ripartizione dei ruoli era per noi italiani al tempo stesso un limite ma anche una risorsa. Sapevamo di avere del terreno da recuperare nel campo della tecnica, ma vedevamo anche confermata la nostra specificità, che in qualche modo ci proteggeva.

Non è più così. Francoforte ormai l’elmetto se l’è tolto, e si presenta con una faccia sempre più mondana. Certo, anche a causa dei produttori italiani che hanno fatto passi da gigante: hanno messo da parte ogni timore reverenziale e vanno  a Francoforte, come a Milano,  in pompa magna, condizionando l’immagine della fiera. Ma perlopiù sono i produttori di oltralpe che sempre di più sconfinano su terreni che appena pochi anni fa non gli erano propri.  Lo scontro si gioca su un terreno sempre più omogeneizzato, e diventa sempre più difficile far emergere le nostre specificità, se mai ce ne siano ancora.

Inesorabilmente, Francoforte assomiglia sempre di più a Milano. Solo, è più grande e funziona meglio: vedi più roba e ti stanchi di meno.

(Da “Il corsivo di Oscuro”, in Luce e Design, n. 3/2008).

Solo i più anziani addetti ai lavori ricorderanno la fiera internazionale di riferimento per il settore, che si teneva ogni anno ad Hannover, fino alla fine del secolo scorso.