Anch’io, la sera del 15 febbraio scorso, ho tenuto spente le luci del mio studio. Ve lo ricordate? Era la sera del “M’illumino di meno”: la grande kermesse radiofonica a favore del risparmio energetico, che ha coinvolto milioni di persone in lungo e in largo per tutta la penisola e non solo. Così, anch’io non ho potuto sottrarmi all’euforia del tam tam mediatico di quei giorni: proprio io, ci avrei fatto con i vicini la figura dell’insensibile divoratore di energia, e non era proprio il caso. E sì che per me è stato davvero un grosso problema: ho dovuto affrettarmi per finire prima di buio il progetto che proprio quella sera dovevo terminare, con il quale avrei fatto risparmiare al mio committente alcune migliaia di kilowattora all’anno….
Quella, è solo una festa. Come ogni festa, ha i suoi rituali e i suoi simboli. Come ogni festa, non avrebbe alcun significato se non diventasse spunto di riflessione, capace di accompagnarci nei comportamenti di tutti i giorni. Dal giorno successivo, tutte le luci sono tornate ad accendersi, né avrebbe potuto essere diversamente. Il gesto simbolico di una sera non può, evidentemente, diventare da solo la soluzione del problema. Allora, come si può fare che l’impegno di quella sera non venga disperso? Per parte mia, farò l’unica cosa che posso fare, e l’unica che so fare. Ogni ora del mio lavoro può realmente far risparmiare energia assai più che spegnere poche luci per poche ore. Dunque, il mio contributo sarà quello, per quanto posso, di trattenermi al lavoro un po’ di più. Ogni sera, terrò le luci del mio studio accese un po’ di più, senza preoccuparmi del giudizio dei vicini: se non è il 15 febbraio, nessuno ci farà caso.
(Da “Il corsivo di Oscuro”, in Luce e Design, n. 2/2008).